IL TEATRANTE: DUPLICITA' TRAGICOMICA AL TEATRO FABBRI
29 Gennaio, 2014
Categoria: Cultura ed Eventi
“Il teatrante” di Franco Branciaroli è una rilettura e rivisitazione del testo del famoso drammaturgo austriaco Thomas Bernhard, ed è proprio la storia di un teatrante ad essere raccontata in questo spettacolo, andato in scena martedì 28 gennaio al Teatro Fabbri di Vignola.
La figura di quest’uomo, il famoso Bruscon, spicca durante tutta la rappresentazione scenica per i suoi discorsi. Sembrano più dei monologhi, o dei discorsi, indirizzati non tanto alla realtà che lui sta vivendo sulla scena, ma al pubblico stesso, quasi che si ascoltassero le vere convinzioni del regista che parla di sé attraverso parole dell’attore. Ancora una volta, il tema della riflessione sul Teatro sale sul palcoscenico e mostra le difficoltà e gli ostacoli che il teatro (e il teatrante) si trova sempre di più a dover affrontare.
Tutto ruota attorto ai preparativi della rappresentazione di “La ruota della storia”, testo ideato e organizzato da Bruscon stesso. La grandezza e maestosità dell’opera si rivelano completamente inadatte al luogo della rappresentazione: una trattoria che cade a pezzi in una cittadina austriaca di provincia abitata da soli ignoranti.
Il fallimento dello spettacolo è già segnato in partenza dalla disparità tra opera e realtà, e parallelamente la disparità tra la vita di Bruscon e i suoi sogni impossibili e inapplicabili alla realtà rivelano il fallimento dell’artista. Acculturato, talentuoso e pieno di possibilità in potenza, Bruscon non riesce a approcciarsi con il mondo reale e continua la sua vita piena di delusioni. Di queste, mai accusa sé stesso e mai accusa le sue scelte, ma sempre la colpa ricade sugli altri, sul resto del mondo. A partire dalle invettive contro la famiglia, contro i figli “antitalenti” e la moglie malata ipocondriaca e figlia di muratori, non si dà limiti a insultare i ceti più bassi, i lavori più miseri, le donne attrici, l’Austria nella sua totalità, e in generale tutto ciò che non è a conoscenza o strettamente dipendente dall’arte. L’egoismo e la megalomania del protagonista lo rendono unico protagonista della scena, quasi come cancellassero gli altri personaggi e mostrassero la solitudine con la quale il teatrante vive il proprio teatro. Agli altri personaggi è dato proprio il compito di sottolineare questo distacco. Dal loro punto di vista, è evidente che la grandezza di cui Bruscon che colora il suo nome è solo un patetico tentativo di essere ciò che non è. L’effetto comico di alcune parole e gesti di Bruscon è una conseguenza quasi necessaria: la sua frase “Shakespeare, Voltaire... e io!” seguita da un sospiro non può che provocare un sorrisetto sulle labbra dello spettatore. La tragicità dell’insuccesso si accompagna in un perfetto equilibrio all’umorismo leggero e un po’ amaro dell’avidità di successo.
In questa duplicità tragico-comica, si fa sentire il pessimismo di Bernhard, del quale anche lo spettatore percepisce l’assenza di possibili riprese dal fallimento.
Arianna Burzacchi