Il Blog di Laura - Una vignolese in Turchia
Flashbacks
Novembre sta lentamente incamminandosi verso la sua fine, ma qui ad Antalya il sole luccica ancora ogni giorno, coraggioso e caldo, ed è un piacere aprire la finestra della mia camera al risveglio e vedere la sua luce che inonda l’Università: le da un’aura magica, quasi da fiaba. Spesso, quando esco dall’ufficio durante la pausa pranzo, anziché dirigermi direttamente verso la mensa universitaria (e quindi rassegnandomi a fare almeno mezz’ora di fila sulle scale, dopo), mi attardo a passeggiare per il chilometrico viale principale, soltanto per il piacere di godermi la sua bellezza, così diversa dalla “nostra”, così meno raffinata, a tratti, ma così meno presuntuosa. Altroché palazzi seicenteschi! L’Akdeniz è punteggiata di edifici giallognoli dalla dubbia resistenza sismica, ma anche di palme altissime (qui tutto è maxi), di oleandri, di rosmarini, di ibiscus rossi… Qui la natura non ha paura di niente e di nessuno.
A mia madre piace dirmi che sulla bellezza gli occhi si riposano. E’ così vero, secondo me. Younis Tawfik, nel suo romanzo “La Straniera”, ha inserito una poesia bellissima, da lui scritta. “La luna nel mio cielo”, dice in uno dei versi iniziali, “è più verde delle altre. E’ magica e meravigliosa”. Vorrei tanto dirgli che anche la mia lo è. Meravigliosa, profumata e densa di luce. Questo posto ti porta via. Se non ci stai attento, con la sua aria sempre profumata, le sue gentilezze, il suo fascino, semplicemente ti trascina via con sé. Tutto è simile a quello che c’è in Italia, eppure tutto è diametralmente opposto. La realtà qui è talmente estraniante e magnetica da desiderare di chiudere gli occhi e annegarci dentro…
Come là. Come allora…
Ci risiamo. I parallelismi arrivano da soli, maledizione. Si autoinvitano in massa. Si presentano alla mia porta senza neanche la decenza di esibire uno straccio di biglietto scaduto, e quel che è peggio è che non posso far altro che starmene inebetita a guardare, mentre con maestria scavalcano i bouncers, furbi e lesti, e si mettono in fila con aria innocente, in attesa che li consideri uno per uno. Scorretti. Sogghigno, sempre lì a cogliermi quando ho la guardia abbassata, i miei spiritelli. Pensavo ad Antalya e… vabbè. Stanotte riesco a non prendermela. Afferro una lanterna e mi avvio per le strade burrascose dei miei ricordi, rassegnata. Non ho più paura: ci ho fatto pace, coi miei demoni.
Illumino il tragitto. I miei ricordi sono centinaia di foto in bianco e nero proiettate alla velocità della luce le une di seguito alle altre davanti ai miei occhi. Mi sembra di assistere alla mostra di diapo montata da uno che si è appena fatto di ecstasy… Ma piano piano prendono colore, una dopo l’altra…ed ecco l’ “allora”. Il primo viaggio. La prima volta che mi sono sentita una outsider. L’Inghilterra, quella che era casa mia. Fotografie. Veloci.
Luke che ascolta la musica con le cuffie e la porta aperta nella sua camera di fianco alla mia e ci salutiamo quando passo, Nancy che ride costantemente, urla e ci assorda e ci impedisce di studiare,ma è un sole, Rachel pacifista e tormentata sorridente e gentile sempre più magra ogni giorno che passa, Angel in cucina con me la sera alle 8 a cena a guardare My name is Earl, Paul Fellman e le sue sigarette a piano terra mentre dice “hi how are u” a tutti quelli che gli passano davanti e sorride con la sua aria da omosessuale anche se non lo è (o non sa di esserlo), Craig e i suoi amici che quando mi vedono mi piantano gli occhi addosso e riescono a balbettare soltanto un “hey, you allright?”, il Chicken Tikka Masala, la High Street… le notti ad occhi aperti a guardare il soffitto… Alone in Kyoto… la mia biblioteca…io completamente scardinata dalla mia piccola realtà di casa… quel buio in cui frugarmi dentro… Quella solitudine.
Il fatto di Exeter è che già dopo pochi mesi iniziavo a capire che il mio viaggio sarebbe stato molto più lungo di quanto giurava il mio Learning Agreement. Che, in un modo o nell’altro, avevo messo un piede su un treno in partenza (ed era troppo tardi per tirarlo indietro), e che salendo avevo lasciato per sempre stazioni che avevano accompagnato in giro la mia vita per anni. E l’avevo fatto così, inconsciamente, istintivamente. E senza salutare nessuno. Quanto è stata dura, tornare “a casa”. Quante cose non ho potuto mettere in valigia. Già…ma è ora di riemergere, adesso. Viaggio-spiritello finito.
Riemergo. Sollevata. Rieccomi… Antalya, casa di Pinar, soggiorno di casa di Pinar, Pinar accoccolata in terra che legge il libro che abbiamo comprato l’altra sera. Quanto mi sono fermata a pensare? Sono le 3 di notte. Sono tornata alla realtà…e sono di nuovo straniera, solo un po’ più lontana di tre anni fa, e in un posto più soleggiato. Amici diversi, tassi di cambio diversi. L’irrimediabile Lei, mia croce e delizia, che di giorno nascondo dietro a risate troppo squillanti e ad un numero probabilmente esagerato di strati di mascara (me lo dicono tutti, ma me ne frego. Del mascara), a farmi compagnia. Beh, e così. Per la cronaca domattina sarà uno spasso, quando alle nove suonerà la sveglia. Che sonno! Buona notte a tutti…